mercoledì 21 agosto 2013

Impressioni sulla via del ritorno

Tardo pomeriggio di un martedì di agosto.
La strada, dopo il temporale di poche ore fa, ha il tipico odore della terra bagnata. Eppure sono in macchina, sull'asfalto.

Finestrini aperti. Voglia di sentire quell'aria fresca accarezzare la pelle. La pioggia, il temporale, la radio è spenta anzi, proprio non c'è. E allora sarà la magia del momento che mi sta facendo immaginare "Riders on the storm" dei Doors?


Un muro rosso accompagna la strada fino ad una curva, dove trovi un murales dedicato a Carlo Giuliani, toccato e ritoccato più volte dalle opposte fazioni:

anti-fascisti
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E dire che siamo sulla via Aurelia, in quella Roma nord troppe volte accusata di rappresentare il vuoto culturale, politico, cosmico della città. O vorranno convincermi, data la vicinanza con l'uscita del raccordo anulare, che qualcuno di Roma sud è salito fin qui per portare un po' di vitalità?

Sulla via del ritorno, che non è proprio del ritorno visto che sono tornato ieri da un viaggio di tremila chilometri, cominci a notare certe differenze. Tipo che in città ad agosto, poco prima di cena, ci sono comunque in giro più macchine di tutte quelle che hai contato in quei tremila chilometri.

Sulla via del ritorno, che poi non è quella del ritorno perchè sto andando a casa dei miei e io abito per conto mio, penso che stasera in tv danno "La meglio gioventù - primo atto".
Io non l'ho mai visto. Non ho visto nemmeno il secondo atto.
E sono contento di vederlo con mio padre.
Ci sono i suoi racconti e i suoi ricordi.

"C'è La meglio gioventù stasera, lo fanno su RaiUno, lo vediamo?"

"Uhm. È un film pesante. È bello, ma certe cose sono difficili."

A volte pesano tanto, i ricordi. Ma io lo so che pesano, anche se non ho mai capito quanto gli pesano e quali gli pesano e perchè gli pesano.
Ma siccome so che pesano, mi preoccupo ma non mi meraviglio quando lo sento rispondere così.
Passa il tempo, tra il racconto del viaggio durante la cena e le domande, tra la cena e le risposte e i vecchi sketch in bianco&nero passati sulla tv-focolare messa in muto.

E come non accadeva da tempo tempo, non serve convincerlo.
Ed è rimasto a vedere il film fino alla fine.
E non si è alzato ad un certo punto perchè "sono stanco!".

Sulla via del ritorno, prima di uscire e salutare i miei, mi fermo a rivedere gli scaffali in cui tengo i fumetti e dopo tanto tempo ricordo quali sono quei fumetti che mi riprometto di prendere ogni volta che sto per prendere la via del ritorno ma che scordo puntualmente ogni volta che accendo la luce del corridoio. C'è Andrea Pazienza con Paz, Penthotal e Pertini. Ci sono le passeggiate e il cibo di Jiro Taniguchi. Ci sono le storie di Will Eisner, le storie ambientate in quei quartieri di New York che sembrano tanti microvillaggi i cui abitanti, a differenza di tanti scrittori che portano i loro personaggi a rimanere confinati nelle cornici di quei microcosmi, lottano col mondo pur non vedendolo veramente.

All'uscita, la luna è azzurra, come non accadrà più prima del 2018.
Dicono che prima del 2018 certi pianeti non vorranno allinearsi più in un certo modo, ma proprio che non vorranno vedersi in faccia per un bel po' come se avessero perso la guerra mondiale o fossero usciti da un'assemblea dell'ONU.
Faccio, col cellulare, una foto che potrebbe essere pure una lampada in una stanza buia e mi chiedo per l'ennesima volta perchè faccio queste foto che tanto non vengono bene col cellulare. Ma è proprio bella questa luna e quell'aria fresca che io e lei sentiamo sulla pelle.
Da lontano si levano canzoni arabe. Forse una festa, forse qualcuno che si sposa tra le capanne e i ruderi di questa campagna che diventa sempre più stretta e che si stringe sempre di più intorno a quelle che possiamo definire solo indizi del passato, che se pure è un passato recente se ne ha meno memoria dei ruderi più antichi. Chi glielo racconta che una volta il manicomio, uno dei manicomi più grandi del mondo, uno di quelli visti in quel film di stasera, si estendeva fino a quelle capanne e a quei ruderi con i suoi campi coltivati e le sue mandrie e le greggi? Ma soprattutto, a chi raccontarlo?

Sulla strada del ritorno, stavolta il ritorno vero, quello verso casa mia, attraversa un gruppo di persone, una famiglia. O due famiglie. Forse sudamericani. Ragazzino. Donna con bambina in braccio. Uomo con due sedie in braccio e bambino attaccato per i pantaloni. Una ragazza nana.
Mi fermo a fare benzina, al ritorno. Non trovo il solito ragazzo che fa il benzinaio a quell'ora. È agosto anche per lui? È tornato dai parenti, dalla famiglia? È andato a lavorare dove d'estate ci sono più possibilità? È anche lui sulla via del ritorno come me?
Dall'altra parte della strada, un camion per i traslochi e due ragazzi che hanno appena cominciato a lavorare. Chissà se vanno o se stanno tornando, per l'ultima o l'ennesima volta. Chissà se i padroni di quei mobili stanno tornando da dove erano partiti tanti anni fa. O magari, chissà, torneranno tra qualche giorno e troveranno una casa più vuota.

Una coppia con un bimbo in carrozzina attraversa quando il semaforo è già giallo. Due strade con due sensi di marcia diversi, quattro corsie in totale. Tempo calcolato perfettamente, il rosso arriva quando hanno lasciato alle spalle il bianco del marciapiede.
Un manifesto per i festeggiamenti del 204esimo anniversario dell'indipendenza dell'ecuador si contende una centralina del gas con il manifesto che invita a riunirsi per ricostruire la destra. Ma c'è il reparto di microchirurgia di Palidoro per questi problemi, qualcuno dovrebbe spiegarglielo. Non io, non sulla via del ritorno.
Sulla strada, quella che passa tra due enormi ville, una macchina nuova è ferma col cofano aperto e due ragazzi guardano il fondo a cercare una perché, come sull'orlo di un pozzo quando il secchio è caduto con tutta la corda.

È di nuovo l'Aurelia, cumuli di aghi di pino raccolti dal vento e poi l'altra strada vicino Porta San Pancrazio e ancora cumuli aghi di pino, una persona cammina in mezzo alla strada, la schiena curva, spinge un carrello basso su cui sono posate delle sedie da giardino, forse sono quelle del parco o della piscina dell'hotel vicino.
E un marciapiede che ha tantissimi sacchi di calcinacci, perché sulla strada del ritorno ho visto pure questo.

E il caos nel salone, che non è entrato nessuno, sono solo esplosi le mie borse ieri al ritorno dal viaggio.

E l'elettricità saltata, che il temporale, quello che ha portato il fresco sulla strada del ritorno, che mi ha dato il fresco sulla pelle e ha regalato il fresco a me e alla luna, ne ha tolto un bel po' dal frigorifero.

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