lunedì 21 luglio 2014

Utoya - incubi, sogni e l'utopia di una generazione diventata realtà

Alcuni anni fa, mentre vagavo da un link all'altro, mi sono ritrovato davanti a questa foto.


Chiaramente un fake, un'immagine photoshoppata. Ma quell'immagine rimase scolpita nella mia mente. Sarebbero dovuti passare degli anni prima di leggere le cronache di una strage, leggere il nome di un'isola lontana, lassù, nei mari del nord Europa, e ricollegare il ricordo di questa immagine passata davanti agli occhi per un breve lasso di tempo.

Utopia, un'isola immaginaria. Utoya, l'orribile realtà.

I ragazzi che nel Luglio 2011 andarono su quell'isola avevano tra i 13 e i 25 anni.

(la lista delle vittime di Utoya e Oslo)

Adoloscenti.
Adoloscenti impegnati.
Adolescenti impegnati politicamente: impegnati socialmente ce ne sono, relativamente, molti. Ma questi ragazzi erano impegnati per uno specifico partito, avevano degli ideali e dei valori specifici.
Quanto di più contraddittorio rispetto al panorama europeo, che vede al massimo giovani impegnati politicamente, soprattutto nei cosiddetti movimenti.

All'opposto, un altro ragazzo: Anders Behring Breivik, fa prima scoppiare una bomba ad Oslo, poi raggiunge l'isola travestito da poliziotto. I ragazzi, vedendolo, penseranno che sia venuto in loro soccorso: Breivik sa che così potrà avvicinarsi e sparargli con calma.


Ucciderà così 77 persone da lui ritenute colpevoli: colpevoli di promuovere la pace, il multiculturalismo e l’integrazione fra i popoli attraverso il loro impegno politico.

All'inizio, per quanto drammatica e abnorme, la vicenda fu liquidata come la strage di un giovane pazzo.
Certo, non possiamo dire che non avesse qualche problema, ma Breivik aveva un obiettivo politico: eliminare QUEI ragazzi (nota 1).

Questi sono i giovani sopravvissuti, nelle foto di Andrea Gjestvang (vincitore dell'Iris d'Or al Sony World Photo Award) che ha ritratto questi ragazzi, reduci dall'incubo della strage e da anni di operazioni chirurgiche e di recupero fisico e psicologico.
Nel portfolio dell'agenzia fotografica norvegese Paragon Features, (presentato in Italia sulle pagine di Internazionale n. 1009, 19 Luglio 2013), oltre alle foto ci sono delle note molto interessanti.
Ad esempio, che il numero di norvegesi d'accordo con le idee di Breivik non è esiguo ed è aumentato.
Che "secondo l’Ocse, tra il 2009 e il 2010 la Norvegia è stata il paese con il più alto tasso di immigrazione per abitante in Europa. Circa cinquemila persone vivono nei centri per richiedenti asilo.".
E che "nel 2011 in Norvegia si sono suicidati 78 ragazzi tra i 15 e i 24 anni. Secondo le stime, i tentativi di suicidio sono stati circa dieci volte di più".

Un documentario di Al Jazeera racconta l'altra faccia di questa strage: è un evento tragico nella storia della Norvegia, in quelle poche ore sono cambiate tante vite, negli anni successivi chi è sopravvissuto ha dovuto trovare la forza per tornare a vivere e ha anche trovato la forza per ricominciare a impegnarsi in politica.

L'allora premier norvegese Jens Stontelberg dichiarò
"Hanno attaccato quanto di meglio esiste in una democrazia: i giovani impegnati in politica"

Dopo tre anni, Stontelberg non è più premier: travolto dalle polemiche sul malfunzionamento della macchina dei soccorsi e il suo partito ha perso la maggioranza.
"la lotta contro clandestini e immigrazione, la voglia di uno stato poco invasivo, la promessa di un fisco leggero e un fitto programma di liberalizzazioni" hanno favorito le destre e la vittoria dei populisti anti-immigrati."

Ma proprio nelle elezioni che hanno relegato i socialisti all'opposizione, sono stati eletti 4 di quei giovani laburisti sopravvissuti alla strage. E dopo questa strage è aumentato il numero dei ragazzi che si iscrivono ai partiti politici.

Forse l'utopia di quei ragazzi è diventata realtà?



Note
1: come ribadito nel 2013 alla presentazione del libro "Utoya due anni dopo. Il silenzio sugli innocenti" di Nencini alla Feltrinelli della Galleria Sordi a Roma. AGGIORNAMENTO: Questo non impedisce, tre anni dopo, sui media italiani, un silenzio assurdo e ingiustificato interrotto solamente, come fatto notare da Mazzetta, dalla pubblicazione dei deliri di Magdi Cristiano Allam e de Il Foglio che invitano ad una nuova crociata. Non sono migliorati: tre anni fa, i loro commenti, furono quasi gli stessi: “Con l’islam il buonismo non paga” e ”Sono sempre loro, ci attaccano” furono i titoli dell'epoca.

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